Sclerosi multipla trattata con Natalizumab: nessuna riattivazione del virus JC


Natalizumab ( Tysabri ), usato nella terapia per la sclerosi multipla, è stato associato alla leucoencefalopatia progressiva multifocale, una malattia potenzialmente fatale causata dal virus JC ( JCV ), non prevedibile per mezzo di marcatori specifici.

Uno studio ha valutato il verificarsi della riattivazione del virus JC nelle urine e/o nel plasma di pazienti con sclerosi multipla trattati con Natalizumab per 18 mesi.

Hanno preso parte allo studio 42 pazienti ( F/M: 24/18, età media 34.4 anni ).

Al basale, 11 pazienti su 42 ( 26% ) avevano viruria per virus JC, persistente ai controlli seriali.
Un paziente ha sviluppato viruria a 1 mese e un paziente a 12 mesi.

Nessun paziente aveva viremia da virus JC al basale; 3 pazienti sono risultati viremici ( uno al mese 6, uno al mese 13, transitorio, e uno al mese 12, viremia persistente ).

La prevalenza del virus JC sia nelle urine che nel plasma non è cambiata in modo significativo dal basale a 12 e 18 mesi.

Nessun paziente ha avuto evidenza clinica o tramite risonanza magnetica di leucoencefalopatia progressiva multifocale.

I linfociti B circolanti hanno mostrato un aumento ( 300% in numero assoluto ) dopo la prima infusione.
La conta delle cellule NK è raddoppiata senza modifica delle percentuali, mentre la conta delle cellule T è aumentata con una percentuale ridotta, riflettendo una chiara ridistribuzione nel compartimento dei linfociti.
Le cellule T CD4+ e CD8+ sono aumentate in modo proporzionale, senza alcun cambiamento nella loro percentuale.

Il 64% dei pazienti ( n=27 ) non ha sviluppato malattia dopo 1 anno.

Un netto miglioramento della qualità di vita è stato riportato dal 72% dei pazienti.

In conclusione, nessuna prova di riattivazione subclinica del virus JC è stata trovata nei pazienti affetti da sclerosi multipla trattati con Natalizumab fino a 18 mesi di terapia, nonostante il marcato aumento di linfociti B circolanti.
Inoltre, l'efficacia di Natalizumab, la sua tollerabilità e l'impatto positivo sulla qualità di vita sono stati confermati in questo studio. ( Xagena_2010 )

Rinaldi L et al, J Neurol Neurosurg Psychiatry 2010; 81: 1345-1350



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